La nuova sfida della ristorazione collettiva tra salute e nuove tendenze
Se pochi decenni fa si dava importanza al pasto consumato in casa secondo rituali e regole familiari, oggi, grazie anche ad una maggiore disponibilità economica, sempre più persone mangiano fuori casa per necessità o per piacere.
I consumi alimentari valgono in Italia 233 miliardi di euro per il 64,5% nel canale domestico e per il restante 35,5% nella ristorazione, pari a 82 miliardi di euro. Considerando che, tra il 2007 e il 2017, a fronte di un taglio nei consumi alimentari in casa di oltre 14 miliardi di euro la ristorazione ne ha guadagnati circa 4 miliardi, appare chiaro che questo è il settore trinante dell’intera filiera agroalimentare italiana.
In particolare, delle 333.647 imprese attive nel settore della ristorazione (dicembre 2017), circa 3.200 svolgono attività di banqueting, di fornitura di pasti preparati e di ristorazione collettiva e sviluppano un volume di affari di circa 6,2 miliardi di euro. Questi dati confermano l’ottimo stato di salute di un business che ha saputo innovarsi e rispondere alle nuove abitudini ed esigenze alimentari dei clienti.
Per ristorazione collettiva si intende il servizio di preparazione e consegna su larga scala di pasti completi per collettività, cioè gruppi di persone accomunate dall’interesse o dalla necessità di usufruire del medesimo servizio, definito da un contratto tra fornitore e committente, quale amministrazione pubblica o soggetto privato. È una ristorazione di necessità, che si focalizza sulla realizzazione e consegna dei piatti a discapito del servizio, che spesso è inesistente.
L’organizzazione della produzione e della distribuzione dei pasti della ristorazione collettiva, si differenzia secondo due sistemi:
- Sistema convenzionale: i cibi vengono cotti e immediatamente distribuiti ai consumatori
- Sistema differito: le operazioni di preparazione e cottura e quelle di distribuzione e consumo sono effettuate in tempo e luoghi separati. Per conservare i pasti preparati e consentire il trasporto, si distinguono due metodi:
- caldo: durante il trasporto i pasti devono essere mantenuti ad una temperatura di almeno 65°C e i tempi tra la fine della cottura e il consumo non devono superare le due ore;
- freddo: i pasti vengono raffreddati subito dopo la cottura, conservati ad una temperatura tra 0 e +4°C (legame refrigerato) o a -18/20°C (legame refrigerato), e poi riscaldati a 65-70°C prima della distribuzione.
Le principali forme di ristorazione collettiva sono:
- ristorazione aziendale: all’interno di aziende, solitamente di medie e grandi dimensioni;
- ristorazione scolastica: all’interno di scuole, università, centri di formazione;
- ristorazione socio-sanitaria: all’interno di ospedali, cliniche, case di cura e riposo;
- ristorazione comunitaria: all’interno di istituti religiosi, caserme, carceri penitenziari;
- ristorazione assistenziale: in mese o con servizio a domicilio, per persone indigenti.
Ogni forma di ristorazione collettiva risponde alle diverse esigenze nutrizionali degli utenti cui è rivolta, con soluzioni standardizzate, controllate e di qualità che includono soluzioni alternative per intolleranti al lattosio, celiaci, vegani e vegetariani.
Negli ultimi anni si sono diffusi nuovi modelli di consumo in una società sempre più attenta alla relazione tra alimentazione, salute e ambiente. Concetti quali ricerca della qualità a discapito della quantità, lotta agli sprechi e dieta sostenibile hanno modificato le esigenze del consumatore moderno.
La ristorazione collettiva è chiamata ad adeguare le sue competenze e professionalità ai nuovi modelli alimentari più salutari e sostenibili, contribuendo alla loro diffusione. Perché questo avvenga, è necessario sensibilizzare e formare tutti gli attori coinvolti nella filiera: produttori, distributori, gestori e operatori della ristorazione collettiva.
Fonte: "Ristorazione Rapporto Annuale 2018" sulla Ristorazione della Federazione Italiana Pubblici Esercizi